
Il territorio di
Prata Sannita







storia
del
G.A.P.S.
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TESTIMONIANZE
ARCHEOLOGICHE NEL TERRITORIO DI PRATA SANNITA
Una ricerca a
tappeto effettuata con ripetute ricognizioni sul territorio da parte dei
soci del G.A.P.S. ha permesso nel corso degli anni di attività,
l'individuazione dei siti e la realizzazione di una carta archeologica.
Prima di questo studio il territorio pratese, sotto questo aspetto era
totalmente sconosciuto, il tutto è stato fatto sempre nel rispetto
assoluto delle leggi ed in collaborazione con la competente
Soprintendenza di Napoli e Caserta, che in più di un'occasione ha
manifestato attraverso i suoi funzionari apprezzamento per il lavoro
svolto.
Il G.A.P.S. intende ringraziare i proprietari dei terreni ed i
contadini per la assoluta e incondizionata disponibilità a consentire
ai soci libero accesso alle loro proprietà.
PREISTORIA
L’Insediamento
Preistorico in Località Pantani Fragneto.
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Ricostruzione
ideale dell'insediamento "Pantani Fragneto"durante
il Paleolitico medio. |
Insediamento
Pantani Fragneto:
Strumenti in pietra scheggiata del Paleolitico
medio |
Paleolitico medio
In seguito alle ripetute ricognizioni da parte dei soci del G.A.P.S.,
nell'area antistante il Convento di
S. Agostino, sono stati
ritrovati centinaia di reperti silicei ascrivibili al Paleolitico Medio (tra i
70.000 e i 35.000 anni fa) di cui è impossibile azzardare una datazione più
precisa in quanto i materiali raccolti sono il risultato delle ripetute
arature del terreno e sono frammisti ad altri reperti del Paleolitico
Superiore, del Neolitico, e di epoche successive fino al medioevo.
La presenza costante e continua dell’uomo su questo terrazzo fluviale ne
testimonia la fertilità e la notevole capacità di difesa da eventi naturali.
Le popolazioni più antiche che vi abitarono potrebbero essersi insediate già
70.000 anni fa durante l'interglaciale Riss -Wùrm, quando il clima della zona
era caratterizzato da inverni freddi ed estati caldo umide simili a quelle
africane (il lago del Matese non è
altro che il residuo di un fronte glaciale di questo periodo) ovviamente
questo tipo dì clima diverso, giustifica la presenza in questa
zona di fauna di grossa taglia (elefanti. rinoceronti., mammut bisonti ecc.).
I
materiali ritrovati si riferiscono a reperti silicei lavorati dall’uomo di
Neanderthal, che abitava questo terrazzo e scheggiava le pietre dure sul posto,
come testimoniano i numerosi scarti di lavorazione ritrovati,
ricavandone veri e propri utensili per la caccia e per la pesca
(punte di giavellotto, ed in epoca tarda di freccia); utensili da taglio per
la macellazione delle bestie catturate (coltelli
e lame a dorso); strumenti per la lavorazione delle pelli con le quali
si proteggeva dal freddo (raschiatoi di vario tipo e grattatoi) e per la
lavorazione dell’osso e del legno usati come supporto degli
strumenti in pietra (incavi, bulini, schegge taglienti).
La gran parte degli strumenti ritrovati in loc. Pantani Fragneto sono
realizzati seguendo una tecnica di scheggiatura ben precisa detta «Levallois»
dal luogo del primo ritrovamento in Francia, attraverso la quale per la prima
volta l’uomo riesce ad ottenere delle schegge di forma predeterminate ed uno
strumentario completo.
L’uso dei più diversi materiali: selce anche di qualità scadente, arenarie
a grana fine o grossolana,
diaspro, quarzite ecc. se da una parte evidenziano le qualità dell’uomo di
Pantani Fragneto, dall’altra testimoniano la carenza di materia prima,
probabilmente importata da zone vicine al fiume Volturno a pochi chilometri
dal sito in questione ove sono stati individuati siti al momento sporadici; ad
avvalorare tale ipotesi, da uno studio attento della diversità di patine che
vengono a formarsi su uno stesso strumento di pietra, per il contatto con il
terreno acido, si evince che la carenza di materiali abbia indotto l’uomo a
riutilizzare le stesse schegge abbandonate nel luogo da un suo lontano
predecessore. Non ci sono pervenuti al momento reperti fossili appartenenti
alla fauna ed all’uomo, e non possedendo dati provenienti da scavi
stratigrafici, non possiamo azzardare l’ipotesi di quanti uomini o capanne
abitassero il sito, ma ipotizziamo che insediamenti di questo tipo per quanto
se ne sappia accoglievano pochi nuclei familiari in quanto viene calcolato
dagli esperti, in base alle attuali conoscenze, che la popolazione avesse una
densità molto scarsa.
Sappiamo
che l’Uomo di Neanderthal, praticava il cannibalismo rituale, in quanto sono
state ritrovate anche in Italia ( particolarmente importante il sito del
Circeo non lontano da Roma ) sepolture tipiche con il teschio bucato in
prossimità del foro occipitale, per l’estrazione del cervello, deposto al
centro di un circolo di pietre contenente gli avanzi ossei del defunto che
venivano tinti con ocra rossa a testimonianza di un primordiale rito di
sepoltura.
Paleolitico
Superiore e Neolitico
Il ritrovamento di materiali litici del Paleolitico Superiore ( 40.000 – 10.000 a.
C. ) appartenenti all’Homo Sapiens Sapiens, cioè alla specie moderna,
testimonia la quasi continua frequentazione del sito di Pantani Fragneto .
Il
numero di questi reperti non ci consente per ora di azzardare delle
conclusioni attendibili, pertanto ci limiteremo a descrivere sommariamente
quelli più significativi.
Si
tratta di strumenti di lancio; punte di freccia dette «a cran»
caratterizzate da un incavo prossimale alla base per favorire l’immanicazione;
punte «peduncolate» aventi due incavi alla base a formare un peduncolo da
inserire sul bastone di legno di supporto; piccoli grattatoi che avevano la
funzione di pialle; raschiatoi laminari, per le lavorazioni delle pelli,
bulini per incidere legno ed ossa; strumenti perforatori per la lavorazione di
osso e legno.
Il
ritrovamento di due frammenti di ascia ed un frammento di un probabile
pendaglio con foro, in pietra levigata ci testimoniano la frequentazione del
luogo anche durante il Neolitico (
8.000 –
5.000 a
.C. ).
PROTOSTORIA
Non sono al momento
consistenti i ritrovamenti di materiali appartenenti a culture appenniniche, presenti non molto distanti dal nostro territorio
(Monteroduni IS), al momento
sono stati ritrovati sporadicamente in diversi punti del Monte Favaracchi,
alcuni frammenti ceramici con decori inpressi e digitalati, ma essi non sono
sufficienti per una corretta attribuzione. E' invece da attribuire al periodo sannitico o pre-romano il cosiddetto "Muro
delle Fate" (foto
al lato) in località Masseria
della Corte, opera megalitica di notevole interesse.
IL
PERIODO ROMANO
I
ritrovamenti del periodo romano si riferiscono a numerose «ville rustiche»,
vere e proprie fattorie attrezzate di tutto, la cui costruzione va inquadrata
in un arco di tempo tra il II° secolo A.C. ed il III° secolo dopo Cristo.
A
testimoniare tali presenze hanno
contribuito i reperti recuperati in occasione della costruzione della
strada Pere Socillo
in località Acquaro dove sono
emersi i ruderi di un fabbricato con frantoio; provengono da questo sito una
base di torchio in pietra successivamente murata in via
Canale, numerosi frammenti di «dolia»(foto a sinistra), grossi contenitori per le
granaglie, frammenti di anfore per conservare il vino ed altre sostanze
liquide e una tubatura di piombo appartenente alla conduttura domestica.

A
conferma di quanto detto i recenti lavori di metanizzazione hanno portato in luce, in zona
Le Starze, attraverso un sondaggio autorizzato dalla Soprintendenza
competente, i resti di una costruzione con pavimentazioni in mosaico bianco e
motivi lineari neri. Già in precedenza il Gruppo Archeologico Prata Sannita
aveva rinvenuto in zona consistenti quantità di reperti ceramici coevi ed una
lucerna del IV° secolo dopo Cristo. Inoltre il ritrovamento di numerosi pesi
da telaio e «fuseruole» in diverse zone (S.Agostino,
Ciaccheri, Cupola, Canale),
testimonia la presenza di telai per la tessitura di panni in lana.
La
maggior parte delle ceramiche ritrovate sono di produzione locale e per la
loro varietà di forme, in mancanza di dati provenienti da scavi
stratigrafici, sono difficilmente inquadrabili cronologicamente; databili tra
il III° e il I° secolo avanti Cristo sono invece i numerosi frammenti di
ceramica «a vernice nera» ritrovati in zona Grotte
La Starza
(foto a destra) . Al
periodo tardo
potrebbe invece essere inquadrato il primo centro abitato nel nostro
territorio , citato negli antichi documenti medioevali come «Prata
Piana» per distinguerla dal borgo medioevale nei pressi del
fiume Lete, attualmente non abbiamo notizie
certe in
proposito,
ma l’ubicazione non
doveva
essere lontana
dalla zona di
S.Agostino.
PERIODO
MEDIOEVALE
Abbiamo
ragione di ritenere che le frequenti incursioni nella zona da parte dei
Saraceni durante il IX° secolo abbiano indotto gli abitanti dell’antico
centro detto «Prata Piana» a rifugiarsi in un posto più protetto per
costruire il borgo medioevale che
tutt’oggi ammiriamo nel pressi del Lete, di cui si hanno notizie già prima
dell’anno Mille. I ritrovamenti archeologici di questo periodo si
riferiscono al recupero di reperti ceramici sporadici lungo la cinta muraria
del Borgo Medioevale .
Molto
numerosi invece sono i reperti ceramici, metallici e vitrei ritrovati
nell’area antistante i ruderi del Convento di S. Agostino, operante già dal
1310, i
primi documenti che fanno riferimento al nostro convento sono relativi a
trasferimenti di monaci e di beni voluti nel 1357 e 1358 dal P. Priore di
Napoli . Durante gli anni nei quali rimase operante, il Convento rappresentò
per gli abitanti del luogo un punto di riferimento anche sotto il profilo
politico poichè il potere era concentrato quasi in eguale misura nelle mani
del signore del luogo e del clero e questa condizione costituiva un motivo di
equilibrio favorendo l’evoluzione non traumatica degli avvenimenti per le
popolazioni autoctone. L’occasione di scambi commerciali era indirettamente
favorita dal convento stesso, poichè nel giorno dedicato a S. Agostino ( 28
agosto ) si teneva nei pressi una fiera tanto ricca da essere definita
«reale» nelle cronache del tempo ed alla quale partecipavano mercanti
e visitatori provenienti persino da Napoli. E’ più probabile che nel corso
di questo incontro annuale venissero acquistate le stoviglie che costituivano
il corredo dei monaci.
Nel
1460, in
una località più prossima al paese, venne edificato un nuovo convento
dedicato a S. Francesco e dovuto alla devozione e all’opera dei Conti
Pandone. Per circa cento anni i due conventi convissero quasi pacificamente se
si esclude una disputa per il diritto alla precedenza nelle processioni;
tuttavia, dopo il censimento dei conventi agostiniani in Italia nel 1650
voluto da Papa Innocenzo X, fu ordinata la chiusura di quelli che avevano un
numero troppo ridotto di monaci e non godevano più dei lasciti che
consentissero, come esigeva la regola, di non ricorrere alle elemosine. Il
convento di S. Agostino di Prata fu considerato non attivo e nel 1652 ne fu
ordinata la soppressione.
Il degrado delle strutture, dovute all’abbandono, consentì lo spoglio delle
statue e
dei motivi decorativi che abbellivano il complesso; nel 1708 un forte
terremoto fece crollare le strutture ancora in piedi compresa la torre
campanaria. Il saccheggio definitivo è avvenuto dopo il secondo conflitto
mondiale, quando la popolazione locale e quelle dei paesi vicini hanno attinto
alla grande quantità di pietre conservate in quel luogo.
Nelle vicinanze sono stati
recuperati materiali preistorici e romani a testimonianza della
continuità di presenza dell’uomo in quel luogo.
La
quantità e la varietà dei frammenti ceramici medioevali recuperati, ha permesso la classificazione
di numerose tipologie inquadrabili nelle produzioni dell’Italia meridionale,
oltre a quelle di importazione dall’Oriente e dalla Spagna, databili tra il
XIV° ed il XVI° secolo.
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Convento
di Sant'Agostino: Ruderi
Frammenti ceramici databili al sec. XV° provenienti dall'area
del Convento |
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